Sono passati trentacinque anni da quella notte del 26 aprile 1986 quando all’1.23 il reattore numero quattro della centrale nucleare di Černobyl’ esplose, causando il più grave incidente della storia insieme a quello di Fukushima del 2011. Tutti ricordano i giorni successivi quando la nube radioattiva arrivò anche in Italia. Scattò l’allarme: il consiglio era di non mangiare la verdura e la frutta, di lavarla bene perché quel maledetto U (Uranio)-235, sarebbe potuto finire negli orti. Si vietò il consumo di latte e insalata.
Chi non ha dimenticato il disastro è Nicoletta Bortolotti che con il libro “Quelle in cielo non erano stelle" è riuscita a raccontare ai più piccoli la tragedia della centrale nucleare attraverso una storia di amicizia tra un ragazzo italiano e una bambina ucraina, Vassilissa. Racconta di come quella nube sia finita nelle case della gente, nelle pozzanghere, sui loro vestiti. In questi capitoli, datati 1986, c’è la piccola Vassilissa “fotografata” a casa sua a pochi chilometri dalla centrale ma c’è anche suo fratello, chiamato a fare l’autista, pur senza patente, per trasportare i pezzi radioattivi nei tumuli.
Le pagine scritte da Bortolotti, coinvolgono, riportano indietro nel tempo e lanciano un messaggio a tutti i bambini: l’amicizia vince su ogni paura. Sulla diffidenza, sul non sapere la lingua dell’altro.